presentato da Scuvera Chiara
testo di Martedì 19 novembre 2013, seduta n. 121
La Camera,
premesso che:
nel nostro Paese le bambine, i bambini e gli adolescenti sono 10 milioni e 837 mila e rappresentano il 17 per cento della popolazione;
l’Italia è agli ultimi posti in Europa negli indicatori principali relativi al benessere e ai diritti dell’infanzia;
la povertà minorile non è solo un fenomeno inaccettabile dal punto di vista etico e della violazione dei diritti, ma anche una pesante ipoteca sul destino di centinaia di migliaia di bambini e bambine, nonché sul futuro dell’intero Paese;
la critica situazione economica che sta attraversando il Paese viene pagata duramente dalle nuove generazioni e rischia di creare nei prossimi anni drammatiche ripercussioni sociali;
l’Italia ha, tra i Paesi Ocse, un tasso molto elevato di povertà relativa fra i bambini: infatti il 15 per cento vive in famiglie con redditi inferiori alla media nazionale. In Italia sono oltre 2 milioni le persone di minore età che vivono in famiglie povere (nel 2011 erano 1 milione e 822 mila);
in termini di povertà assoluta si è passati da 653.000 nel 2010 a 723.000 nel 2011, ad oltre 1 milione nel 2012 di minori che versano in tale condizione, soprattutto al Sud, dove si registrano i dati più elevati;
diversi problemi rilevanti derivano da questa situazione: oltre ai rischi per la salute fisica connessi alla malnutrizione/denutrizione, anche problematiche correlate all’abbandono scolastico – in Italia il tasso di abbandono scolastico è superiore alla media europea, posto che quasi un giovane su cinque (18,2 per cento) nella fascia d’età 18-24 anni è fermo alla licenza media e non svolge altri percorsi di formazione professionale – e a diverse forme di dipendenze e devianza sociale;
le conseguenze della povertà infantile connesse alla scarsa scolarità si traducono poi in scarso sviluppo delle conoscenze e, quindi, in bassa produttività, bassa occupazionalità; e, di conseguenza, maggiori costi sociali e una maggiore domanda di servizi di welfare, con evidenti ricadute sulla spesa pubblica;
non è, a tal proposito, trascurabile la cosiddetta povertà educativa, che colpisce anche i minori non statisticamente in povertà economica, che consiste in una sempre più limitata accessibilità alle opportunità educative, culturali e sportive. Con riferimento alle competenze e agli stimoli culturali, si è calcolato che negli ultimi 12 mesi il 39,5 per cento dei minori non ha mai letto un libro, il 33,3 per cento non ha mai usato un computer, il 35,6 per cento non si è mai connesso ad internet, il 19,8 per cento non è mai andato a vedere un film; il 26,2 per cento non pratica mai sport;
come emerso da una recente ricerca di Save the children Italia e dell’Associazione B. Trentin, supervisionata da un comitato scientifico interistituzionale, i minori di 16 anni che lavorano oggi in Italia sono stimati in circa 260.000 e, complessivamente, per 100 ragazzi di 14-15 anni, quasi il 22 per cento riferisce di aver avuto un’esperienza di lavoro, soprattutto solo dopo i 13 anni. Sono, invece, 30.000 i 14-15enni a rischio di sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale, lavorando di notte o in modo continuativo;
è necessario evidenziare anche la situazione dei minori stranieri, bambini e bambine nati e cresciuti in Italia, italiani di fatto, ma privi di cittadinanza, nonché la questione dei minori stranieri non accompagnati, che al 31 dicembre 2012 risultavano essere 7.575. Save the children evidenzia come ancora oggi troppo spesso i diritti essenziali dei minori stranieri non accompagnati non vengano rispettati: dal diritto al riconoscimento della minore età a quello ad un’accoglienza decorosa, dal diritto alla nomina di un tutore alla possibilità di essere ascoltati nelle scelte che li riguardano;
la situazione, che continua a peggiorare con l’aggravarsi della crisi economica, deriva anche da politiche socio-educative carenti e frammentarie, ben lontane da quelle degli altri paesi europei;
in Italia negli ultimi anni c’è stata una costante riduzione dei finanziamenti destinati a famiglie, infanzia e maternità; il fondo nazionale delle politiche sociali è passato da 1 miliardo di euro nel 2007 a 45 milioni di euro nel 2013;
sono stati pesantemente ridotti i fondi per i servizi educativi e scolastici e depauperati i bilanci degli enti locali, rendendo insostenibili molte reti di welfare inclusivo, anche nelle realtà in cui esiste una forte tradizione culturale di sostegno sociale e comunitario;
complessivamente, nello studio Unicef che ha esaminato le condizioni di vita dei bambini dei 29 paesi dalle economie più avanzate, l’Italia si trova al 22o posto; nello specifico, l’Italia è nelle retrovie, in particolare per quanto riguarda l’istruzione (al 25o posto), al 22o per la partecipazione a forme di istruzione superiore, al 24o per i risultati scolastici conseguiti e, viceversa, al secondo posto per i neet (giovani che non studiano e non lavorano);
la Commissione europea, nella sua raccomandazione «Investire sui bambini: rompere il ciclo vizioso di svantaggio», sollecita gli Stati membri a metter al centro della loro agenda il tema dell’infanzia e degli investimenti necessari per combattere la povertà dei bambini per garantire a tutti di crescere uguali;
nella raccomandazione la Commissione europea ricorda, inoltre, che la riduzione della povertà e dell’esclusione sociale è uno degli obiettivi della Strategia Europa 2010; la prevenzione e la lotta alla povertà minorile devono, dunque essere tra gli obiettivi prioritari dei Governi degli Stati membri;
sempre nella raccomandazione la Commissione europea sprona gli Stati a fare uso di alcuni strumenti in favore dei minori svantaggiati che già esistono, come il fondo di aiuti europei agli indigenti – creato nel 2012 al fine di rafforzare l’inclusione sociale e combattere la povertà nell’Unione europea a sostegno dei programmi nazionali che prestano un’assistenza non finanziaria alle persone indigenti per ridurre la deprivazione alimentare e la deprivazione materiale grave – il programma di distribuzione di frutta e latte nelle scuole, attivo dal 2009, il fondo sociale europeo e il fondo per lo sviluppo regionale;
la povertà è strettamente legata anche al fenomeno della dispersione scolastica, limita le opportunità educative e di crescita, aggrava i già pesanti divari territoriali che affliggono il Paese;
la povertà infantile è acuita dalla diminuzione nell’accesso alle cure mediche e alla prevenzione sanitaria, che sono drasticamente crollate di fronte ad una mancanza di mezzi economici delle famiglie;
è peggiorata, inoltre, la qualità dell’alimentazione di bambini e bambine ed adolescenti;
un dato ancora più drammatico è l’allontanamento dei minorenni dal nucleo familiare per questioni di indigenza della famiglia di origine, che arriva sino alla perdita della capacità genitoriale;
particolare rilievo rivestono le povertà immateriali, tra cui la situazione dei figli coinvolti nelle separazioni genitoriali altamente conflittuali, spesso vittime innocenti dei rancori di coppia,
a dotarsi di una strategia nazionale che preveda una pluralità di misure per contrastare le diverse manifestazioni della povertà che agisca su diverse dimensioni, anche sfruttando appieno gli strumenti finanziari che l’Unione europea mette a disposizione;
ad elaborare un apposito piano di contrasto alla povertà minorile e giovanile, finalizzato anche a combattere la dispersione scolastica e a favorire l’inclusione lavorativa dei giovani che escono dalle comunità di tipo familiare, reperendo le necessarie risorse e considerando lo stanziamento delle medesime non una spesa che crea debito, ma un investimento sul capitale umano, per il progresso anche economico del Paese;
ad assumere iniziative per evitare che finanziamenti e obiettivi concordati con le regioni e gli enti locali vengano disattesi;
ad assumere iniziative per rifinanziare in modo adeguato la legge n. 285 del 1997, «Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza»;
a prevedere misure urgenti ed interventi di sostegno per consentire ai minori di essere educati nell’ambito della propria famiglia, anche dando immediata attuazione, attraverso i previsti decreti legislativi, alla legge 10 dicembre 2012, n. 219;
a prevedere iniziative urgenti atte a specificare che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia;
a favorire il consolidamento delle reti di associazioni di volontariato nell’ambito familiare che sviluppino legami solidali tra famiglie e tra le generazioni nella direzione del welfare solidale e relazionale, fondato su un mix di risorse economiche e relazionali;
a mettere a sistema tutte le sperimentazioni positive e le buone pratiche già esistenti in Italia.
(1-00108)
(Ulteriore nuova formulazione) «Scuvera, Iori, Zampa, Capone, Roberta Agostini, Albanella, Argentin, Basso, Bazoli, Beni, Biondelli, Boschi, Cardinale, Carnevali, Carocci, Carra, Casati, Cenni, Chaouki, Cimbro, Coccia, Cominelli, Coscia, D’Incecco, Marco Di Maio, Ermini, Fabbri, Fossati, Gadda, Gandolfi, Gasparini, Giorgis, Giulietti, Gnecchi, Gozi, Gregori, Gribaudo, Giuseppe Guerini, Guerra, Iacono, Incerti, La Marca, Laforgia, Lattuca, Lenzi, Maestri, Malpezzi, Manzi, Marantelli, Marzano, Mongiello, Morani, Moretti, Moscatt, Mura, Narduolo, Nicoletti, Patriarca, Porta, Rostan, Sbrollini, Tidei, Tullo, Velo, Zappulla, Zardini, Capodicasa, Crivellari, Rubinato, Rocchi, Rigoni, Mogherini, Cani, Culotta, Marchi, Amoddio, Simoni, Quartapelle Procopio, Blazina, Rosato, Antezza, Fontanelli, Petrenga, Giammanco».